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Corso volo – Meteorologia – I moti verticali dell’aria

Lezione in preparazione

La maggior parte dei fenomeni meteorologici sono generati dai moti verticali che si verificano nell’atmosfera, i quali inducono le diminuzioni di temperatura che portano le masse d’aria ascendenti alla saturazione e quindi alla formazione delle nubi e alle conseguenti precipitazioni.

Le cause che sono all’origine dei moti verticali dell’ atmosfera sono due:

L’innesco di un moto convettivo così come descritto in precedenza, nel qual caso si dice che l’aria sale per convezione libera.
L’azione meccanica esercitata dall’incontro di una massa d’aria dotata di moto orizzontale con un rilievo del terreno o con un’altra massa d’aria di densità diversa come nelle situazioni frontali nei quali casi si dice che l’aria sale per convezione forzata.

Una volta che un moto verticale è stato innescato, ciò che conta ai fini del suo proseguimento e quindi dello sviluppo dei fenomeni meteorologici conseguenti, è lo stato di equilibrio dell’atmosfera:

se è stabile, il moto verticale si esaurisce non appena cessa la causa che l’ha generato;
se è instabile, il moto verticale si autoalimenta e continua con intensità via via crescente; i fenomeni meteorologici più intensi e potenzialmente pericolosi si verificano perciò in questo secondo caso.

Per comprendere chiaramente i meccanismi che sono all’origine dei moti verticali dell’ atmosfera e per poterne prevedere con sufficiente precisione il verificarsi e il divenire, è pertanto indispensabile conoscere quali sono le condizioni fisiche che permettono a una massa d’aria di essere di volta in volta stabile o instabile.

Il raffreddamento/riscaldamento adiabatico

La fisica insegna che un gas, quando si comprime, cioè quando viene portato a pressione maggiore, si riscalda; e viceversa, quando si espande, cioè quando viene portato a pressione minore, si raffredda.
Un riscontro a questi fenomeni si ha quando, gonfiando il pneumatico della bicicletta la pompa si scalda perché comprime l’aria al suo interno; e quando si apre il rubinetto di una bombola contenente gas compresso, si sente che mentre il gas fuoriesce dalla bombola, questa si raffredda.
Il riscaldamento o il raffreddamento, cioè la variazione di temperatura, sono tanto maggiori quanto maggiore è la variazione di pressione. Un aspetto di questi fenomeni che è importante sottolineare, è che il riscaldamento e il raffreddamento avvengono senza sottrazione o cessione di calore con l’ ambiente esterno: si dice cioè che le variazioni di temperatura avvengono in modo adiabatico.

I moti verticali in aria non satura – Il gradiente adiabatico secco

Immaginiamo di trovarci al livello del mare in atmosfera standard, cioè a 15°C di temperatura e di rinchiudere un certo volume d’aria alla pressione ambientale e in un ipotetico palloncino di gomma avente le pareti che si possono dilatare liberamente senza opporre resistenza alcuna.
Ciò fatto, immaginiamo di trascinare verso l’alto il volume d’aria così racchiuso, dopo aver introdotto il bulbo di un termometro nel palloncino.
Noteremo che la temperatura dell’aria all’interno del palloncino, indipendentemente dalla temperatura dell’aria esterna, diminuisce di 1°C per ogni 100 metri di quota (o 3°C ogni 1.000 piedi).
Questo calo di temperatura è appunto dovuto al fatto che, andando in quota, la pressione atmosferica diminuisce, e quindi l’aria contenuta nel palloncino è costretta a espandersi, e quindi a raffreddarsi.

Nell’atmosfera l’andamento della pressione è tale, per cui l’aria del palloncino si espande così da raffreddarsi appunto di 1°C ogni 100 metri di quota. Questa diminuzione fissa di temperatura in funzione della quota, prende il nome di gradiente adiabatico secco, ed è costante a tutte le quote per l’aria che non ha ancora raggiunto la saturazione.

Il gradiente adiabatico secco non va confuso con il gradiente termico verticale dell’aria entro cui avviene il moto verticale.
Mentre il gradiente adiabatico secco rappresenta infatti solo il calo di temperatura cui va soggetto il volume d’aria che sale, vedremo meglio tra breve che il gradiente termico verticale è il parametro che determina se l’aria è stabile o instabile perché rappresenta il calo di temperatura che si riscontra andando in quota all’interno della massa d’aria in quiete.
Sappiamo che il gradiente termico verticale dell’aria standard è di 6,5 °C ogni 1.000 metri, pari a circa 2°C ogni 1.000 piedi. Nell’aria reale, però, tale gradiente può assumere valori anche molto diversi da quello standard, sia in più sia in meno.

La stabilità e l’instabilità dell’aria non satura

Facendo riferimento alla figura torniamo ora al palloncino che dobbiamo immaginare anche privo di peso.
In a) il palloncino è appoggiato al suolo in una massa d’aria con temperatura di 20°C il cui gradiente termico verticale è di 0,8°C/100 metri; mentre in b) è al suolo in una massa d’aria la cui temperatura è sempre di 20°C, ma il cui gradiente termico verticale è invece di 1,2°C/100 metri.
Le temperature riportate sulla destra nei due casi sono quelle a cui si trova l’aria giacente alle corrispondenti quote, in diminuzione appunto in ragione del gradiente termico verticale ivi esistente, mentre le temperature al centro, uguali in entrambi i casi, sono quelle alle quali si troverà l’aria all’interno dei palloncini alle corrispondenti quote, in entrambi i casi in diminuzione mentre il palloncino sale, in ragione del gradiente adiabatico secco di 1°C/100 metri.
Poiché l’aria all’interno dei due palloncini posti al suolo ha la stessa temperatura dell’ aria esterna, i palloncini si trovano in equilibrio e rimangono appoggiati al suolo.
Si immagini ora di trasportare il palloncino in a) a una qualunque delle quote in figura: salendo l’aria nel palloncino si espande e si raffredda di 1°C ogni 100 metri di quota. Se si suppone di sollevarlo e abbandonarlo a 500 metri, dove la sua temperatura interna è scesa a 15°C mentre la temperatura esterna è di 16°C, il palloncino, contenendo aria più fredda e quindi più pesante di quella esterna, non può far altro che ridiscendere. La sua discesa si fermerà solo al suolo, perché a qualunque quota superiore la sua temperatura interna, che durante la discesa aumenta di 1°C ogni 100 metri, è sempre minore di quella esterna.
Se si ripete la stessa operazione con il palloncino in b), a 500 metri la sua temperatura interna scende a 15°C, mentre quella dell’aria esterna è di 14°C: perciò, essendo l’aria interna più calda e più leggera, il palloncino continua a salire. E la salita risulterà sempre più veloce all’aumentare della quota, perché il divario tra le due temperature, interna ed esterna, continua a crescere.
Osservando le temperature interna ed esterna alle varie quote, si può notare che sarebbe stato sufficiente sollevare il palloncino anche solo a 100 metri perché la sua salita potesse poi continuare spontaneamente.
I diversi comportamenti dei due palloncini, che sono partiti dalle medesime condizioni, sono dovuti esclusivamente ai diversi valori del gradiente termico verticale dell’atmosfera.
Con ciò risulta evidente che il palloncino può salire spontaneamente solo se il gradiente termico verticale è maggiore di quello adiabatico secco, secondo il cui andamento si raffredda l’aria all’interno del palloncino.
Se il gradiente termico verticale è minore di 1°C*/100 metri, il palloncino non potrà mai salire per conto suo, a meno di non fornirgli calore dall’esterno.
Nel caso che il gradiente termico verticale fosse uguale a quello adiabatico secco, il palloncino lasciato a se stesso rimarrebbe a galleggiare alla quota in cui si trova.
Nel primo caso, in cui il gradiente termico verticale è minore di 1°C/100 metri, si dice che l’atmosfera è subadiabatica, e l’aria è in equilibrio stabile.
Nel secondo caso, dove il gradiente termico verticale è maggiore, si dice che l’atmosfera è superadiabatica, e l’aria è in equilibrio instabile.
Infine, nel caso di eguaglianza tra i gradienti, si dice che l’atmosfera è adiabatica e l’aria è in equilibrio indifferente.

Nei tre casi i diagrammi temperatura/quota hanno l’andamento illustrato in figura.

Se si fa in modo che sulla scala delle temperature in ordinate gli intervalli di quota di 100 metri abbiano la stessa ampiezza degli intervalli di 1°C sulla scala delle temperature in ascisse, la retta che rappresenta l’andamento del gradiente adiabatico secco, chiamata adiabatica secca, risulta inclinata di 45° da destra a sinistra.
Se l’atmosfera presenta un gradiente termico verticale minore di 1°C ogni 100 metri, ed è quindi stabile (a sinistra), la curva di stato è meno inclinata dell’adiabatica secca; se l’ atmosfera è instabile (al centro) la curva di stato è più inclinata; e se è in equilibrio indifferente (a destra) la curva di stato ha la stessa inclinazione.

I moti verticali in aria satura – Il gradiente adiabatico saturo

Il gradiente adiabatico saturo rappresenta la variazione di temperatura cui va soggetta un massa d’aria satura in movimento verticale.
Esso differisce dal gradiente adiabatico secco per il fatto che in concomitanza con la condensazione si verifica la cessione del calore latente. In altre parole, quando il vapore condensa e forma la nube o la nebbia, esso restituisce all’aria il calore latente di condensazione che le aveva a suo tempo sottratto durante l’evaporazione. Il calore ceduto dall’acqua durante il suo cambiamento di stato scalda l’aria e la rende così più leggera.
Per esempio, se nel palloncino del caso a) l’aria diventasse satura a 15°C,dentro il palloncino si formerebbe la “nebbia”, e contemporaneamente l’aria si scalderebbe ricevendo dall’acqua il calore latente di condensazione: se la cessione di calore fosse sufficiente a portare la temperatura al di sopra di 16°C, il palloncino potrebbe continuare a salire.

La stabilità e l’instabilità dell’aria satura

Perciò la stabilità e l’instabilità di una massa d’aria satura non sono più distinte dal gradiente adiabatico secco, bensì da quello saturo, il cui valore non è
costante come il valore di quello secco, ma è variabile in funzione della temperatura dell’aria.
Sappiamo infatti che l’aria può contenere tanto più vapore quanto più è calda; perciò, quando si satura, l’aria calda può restituire più umidità, e quindi più calore, che non l’aria fredda.
Il valore del gradiente adiabatico saturo varia quindi in funzione inversa alla temperatura dell’aria: per aria satura molto fredda, il suo valore si discosta di poco da quello del gradiente adiabatico secco, mentre per aria molto calda il suo valore può scendere anche a O,4°C per 100 metri di quota.
Ammesso che questo fosse il caso, la massa d’aria satura sarebbe stabile quando il suo gradiente termico verticale fosse minore di O,4°C/100 metri, e sarebbe instabile per gradienti maggiori.
Nei diagrammi temperatura/quota, la curva che rappresenta l’andamento del gradiente adiabatico saturo, chiamata adiabatica satura, è sempre meno inclinata della corrispondente adiabatica secca, e la differenza di inclinazione aumenta all’ aumentare della temperatura.

Il diagramma termodinamico

Raffrontando l’andamento della curva di stato di una determinata massa d’aria con l’andamento delle relative curve adiabatiche secca e satura, si ottiene un diagramma termodinamico, dal quale si può immediatamente rilevare se la massa d’aria è stabile o instabile.

Un esempio è mostrato dalla figura dove sono rappresentate:

La curva di stato della massa d’aria (linea a tratto continuo), che ha inclinazione costante dal suolo fino a 2.000 metri per poi continuare con un ‘isotermia;
La curva adiabatica secca (linea tratteggiata) che, essendo inclinata di 45°, è più coricata del tratto inferiore della curva di stato, indicando con ciò che il gradiente termico verticale della massa d’aria è minore del gradiente adiabatico secco;
La curva adiabatica satura (linea-punto), la cui inclinazione la rende meno coricata della curva di stato, indicando con ciò che il gradiente termico verticale della massa d’aria è maggiore del gradiente adiabatico saturo.

L’andamento delle tre curve permette di affermare a prima vista che la massa d’aria è condizionalmente instabile; ovvero che, avendo un gradiente termico verticale maggiore di quello adiabatico saturo, ma minore di quello adiabatico secco, la massa d’aria è stabile finché non si satura e diventa instabile quando si satura.

Per comprendere meglio il significato di quanto detto sopra osserviamo ancora la figura e notiamo che la temperatura dell’aria al livello del suolo è di 20°C. Non essendo satura, l’aria si trova in equilibrio stabile e perciò rimane appoggiata al terreno.
Supponiamo ora che una porzione d’aria si trovi appoggiata a un terreno che le cede molto calore, e che perciò la sua temperatura aumenti rispetto a quella dell’ aria circostante, e raggiunga il valore di 21,5°C.
Quest’ aria, sotto forma di bolla, comincia a salire in quanto più leggera di quella che le sta intorno: salendo, però, si raffredda in ragione di 1°C/100 metri, che è più del gradiente termico verticale dell’aria circostante, per cui alla quota di 450 metri (punto A) la salita cessa perché le due masse d’aria si trovano alla stessa temperatura.
Ora supponiamo anche che a 900 metri si incontri la temperatura di rugiada, per cui l’aria che la raggiunge si satura.
In queste condizioni è evidente che se il riscaldamento al suolo diventa tale (23°C) da consentire alla bolla d’aria di salire fino a 900 metri e raggiungere la temperatura di rugiada (punto B), da quel momento in poi la sua umidità comincia a condensare restituendo il calore latente, per cui l’ulteriore riduzione di temperatura indotta dalla salita diventa minore perché prosegue secondo l’adiabatica satura.
Ecco quindi che a partire dal punto B, alla cui quota si trova il li vello di condensazione, chiamato anche livello di convezione libera, l’aria può continuare a salire autonomamente, e il vapore che cede il calore latente condensandosi, forma una nube cumuliforme.
La salita continua fino alla quota dove, incontrando l’isotermia (punto C), l’aria diventa stabile anche in condizioni di saturazione e lo sviluppo verticale della nube si arresta.

Per riassumere possiamo dire che quando due masse d’aria di diversa temperatura vengono a contatto, quella più calda, e quindi più leggera, sale sopra a quella più fredda, e il moto continua fino a quando le due masse raggiungono l’ equilibrio termico, cioè quando le temperature si uguagliano.
Questo accade sempre e comunque, sia che l’aria sia stabile o instabile. La differenza sta nel fatto che se l’aria è stabile, il moto ascensionale si esaurisce rapidamente, mentre se l’aria è instabile, il moto ascensionale, una volta innescato, si alimenta da sé e dura autonomamente finché l’aria si trova in condizioni di instabilità, in quanto l’instabilità non permette il raggiungimento dell’equilibrio termico.

Una massa d’aria può essere stabile o instabile a varie quote, a seconda di come si presenta la sua curva di stato relativamente all’adiabatica secca o a quella satura. Il tetto è comunque sempre rappresentato dalla tropopausa, dove il gradiente termico verticale diventa stabilmente zero, e al di sopra della quale l’aria è quindi permanentemente stabile. Per questa ragione i fenomeni meteorologici avvengono solo nella troposfera, e non possono manifestarsi oltre la tropo pausa.

Le caratteristiche dell’aria stabile/instabile

La sintesi di quanto esposto è che l’aria stabile tende a rimanere immobile ristagnando sugli strati sottostanti o sul terreno, mentre l’aria instabile tende a salire e a rimescolarsi continuamente.
Le conseguenze di ciò sulle condizioni meteorologiche generali sono le seguenti.

La visibilità è buona o ottima in condizioni di aria instabile, mentre è scarsa o pessima in condizioni di aria stabile.

Le nubi hanno sviluppo verticale in aria instabile, mentre sono stratificate in aria stabile.

Le precipitazioni sono intermittenti ma di forte intensità in aria instabile, mentre sono persistenti e sovente poco intense in condizioni di aria stabile.